Sta cambiando la strategia per combattere l’Alzheimer: invece di aggredire in modi alternativi l'accumulo di beta amiloide nei neuroni, quello che scatena la malattia, ora si cerca di impedirne la formazione negli stadi precoci. Varie sono le soluzioni: uno di tipo clinico-diagnostico - con test che permettono di capire quando la comunicazione tra cellule nervose inizia a non rispondere in modo adeguato agli stimoli esterni - e un altro farmacologico, che va a colpire in modo selettivo i precursori che generano la beta amiloide. Il problema è trovare dei metodi efficaci per identificare la malattia agli esordi, perché quando si manifestano i sintomi è troppo tardi. Alcuni ricercatori, ad esempio stanno sviluppando molecole capaci di aumentare l'attività di un enzima, Adam 10, che è in grado di tagliare precursori della beta amiloide, prevenendone la formazione e generando, dalla sua attività frammenti neuroprotettivi e di supporto che mantengono la funzionalità del neurone. In un prossimo futuro, tra i farmaci che bloccheranno con anticipo i precursori di beta amiloide ci saranno anche anticorpi in grado di riconoscere e neutralizzare le sue prime forme di aggregazione. Nel frattempo si cerca di trovare una diagnostica precoce, utilizzando ad esempio la medicina digitale, in app già allo studio che rivelano come e con quale velocità rispondiamo allo smartphone, camminiamo e monitorano tutte le gestualità. Ciò permette di capire se c'è diminuzione della plasticità cerebrale.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)