La disfagia è una condizione, diagnosticata o percepita, di incapacità parziale o totale a deglutire solidi e/o liquidi.
Questa condizione impatta la qualità della vita del paziente in modo significativo e può essere mediata da situazioni legate a patologie o all’invecchiamento. Una persona, mediamente, deglutisce 600 volte al giorno.
In circostanze normali, la deglutizione non comporta pensiero cosciente né sforzo. Quando la funzionalità muscolare o neurologica risulta compromessa, questo meccanismo diventa faticoso, causando la disfagia. La prevalenza della disfagia nella popolazione generale è di difficile valutazione, anche per le caratteristiche di insorgenza e per i livelli della stessa sintomatologia. La disfagia in letteratura può essere valutata tra il 13,5 ed il 16% della popolazione generale. In ragione dell’indice di vecchiaia più elevato della nazione, si stima colpisca il 20% della popolazione generale italiana.
Picchi anche molto maggiori possono essere riconducibili a popolazioni specifiche con patologie croniche o acute di carattere neurologico e funzionale. In queste popolazioni, vengono stimati valori del 40/70% nei pazienti con ictus; del 60/80% in portatori di patologie neurodegenerative e nel 60/75% dei pazienti sottoposti a trattamento chirurgico e/o radioterapia per tumori testa-collo. È stimato che circa il 40% delle morti dei pazienti con stroke sia dovuto a disfagia. La letteratura suggerisce inoltre che 1 persona su 17 svilupperà una forma di disfagia durante la sua vita. Numeri impressionanti che mettono in evidenza l’alta diffusione di questa condizione.
Oggi la deglutologia e le conseguenze correlate sono di prevalente pertinenza di foniatri e logopedisti ai fini della diagnostica e della prescrizione. Il settore, però, è altamente interdisciplinare, con interventi, a seconda dei casi, del geriatra, dell’infermiere, del nutrizionista, del radiologo, dell’otorinolaringoiatra, del neurologo, del rianimatore, del gastroenterologo, del fisioterapista e di altri ancora, fino agli operatori di supporto ed ai care-givers informali.
(Fonte: tratto dall'articolo)