La Consulta ha depenalizzato l’aiuto al suicidio, anche se la Corte sprona il Parlamento a intervenire con una precisa normativa. La Consulta, in merito alle questioni sul caso Dj Fabo-Cappato, nel suo intervento indirizza a rendere non punibile, «a determinate condizioni», chi agevola il proposito di suicidio, «autonomamente e liberamente formatosi», di un paziente «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale » e «affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili » ma pienamente capace di «decisioni libere e consapevoli». La Corte precisa che è ancora in attesa di «un indispensabile intervento del legislatore», subordinando nel frattempo la non punibilità «al rispetto delle modalità sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua» e «alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente». Questi “paletti” che, precisa la Consulta, sono stati introdotti al fine di «evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili». Marco Cappato esulta ed auspica che ora agisca il Parlamento, mentre Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita accusa la Corte Costituzionale di cedere a una visione utilitaristica della vita umana. Anche il mondo dell’assistenza alla disabilità esprime la sua delusione, Giovanni Paolo Ramonda, presidente della comunità Giovanni XXIII dice «Si apre un varco nella cultura della morte e si separa il mistero della sofferenza dal calore della relazione e del vivere in famiglia».