«Il suicidio degli anziani: una sfida»: è il titolo di uno studio appena preparato dalla commissione Justitia et Pax elvetica e pubblicato sul sito dei vescovi della Svizzera per contribuire al dibattito nell’opinione pubblica sull’autonomia, la fragilità, la morte, l’aiuto al suicidio.
Il dato di partenza è che in Svizzera «si discute della possibilità per le persone (molto) anziane di decidere liberamente se vogliono mettere fine alla propria vita» con la cosiddetta «morte volontaria nella vecchiaia». Non è più una situazione di «sofferenza insopportabile» a giustificare la morte, ma «semplicemente l’anzianità e la prospettiva di una vita difficile», evidenza lo studio che indaga il perché questa idea abbia così tanto successo nella popolazione elvetica e non solo.
Ribadendo l’opposizione della Chiesa alla «morte pianificata», mons. Felix Gmür, vescovo di Basilea, ha sottolineato: «Oggi chi è dipendente da qualcun altro, è malvisto e considerato non normale».
Lo studio di Justitia et Pax, oltre a indagare il tema sul piano etico e sociale, offre alcune raccomandazioni per la società, le Chiese e le istituzioni sanitarie.
Nel documento si legge: «La morte diventa sempre più un progetto» e «non si affida più al destino né come né quando» morire: di fatto c’è l’idea di «una vita condotta razionalmente fino alla morte, che non lascia più spazio all’inatteso».
Per i cristiani invece «la dipendenza dagli altri non è una tara, ma un aspetto fondamentale della condizione umana, così come la frammentarietà e l’imperfezione» della vita. È per questo che il documento, nell’elenco di «Raccomandazioni rivolte alla società», evidenzia che la «morte deve di nuovo essere compresa come parte della vita» e come «evento sociale».
(Fonte: tratto dall'articolo)