«L’ipotesi che l’Alzheimer possa essere trasmessa attraverso procedure mediche è interessante, ma è azzardato pensare di costruire una teoria simile basandosi sullo studio di soli 8 cadaveri». E’ scettico Paolo Maria Rossini, direttore dell’Istituto di Neurologia dell’Università Cattolica - Policlinico Agostino Gemelli di Roma, a proposito della ricerca inglese studio dell’University College di Londra pubblicato sulla rivista Nature. Il Professor Rossini crede che se alcune procedure mediche fossero responsabili della trasmissione dell’Alzheimer si dovrebbe registrare un picco significativo dei casi localizzati in alcune specifiche aree, cosa che non avviene. L’incremento dei casi di Alzheimer è aumentato perché ci sono più anziani. Per quanto riguarda lo studio inglese, «I segni dell’Alzheimer che i ricercatori avrebbero trovato sono le cosiddette placche di beta-amiloide. Si tratta di un peptide che si accumula in tutti i cervelli che invecchiano e non solo in quello dei pazienti con l’Alzheimer. C’è poi una soglia di accumulo “cattiva”, ma nella norma, ed “eccessiva”, cioè compatibile con l’Alzheimer. Ora l’aver trovato depositi di beta-amiloide nel cervello di 6 cadaveri non conferma l’ipotesi azzardata che l’Alzheimer sia stato trasmesso a seguito della stessa procedura medica che ha causato la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Poi si tratta di malattie ben diverse, sia per la tipologia di esordio che per le aree cerebrali interessate». Per questo, conclude «Bisognerebbe lavorare a mente aperta, evitare di concentrare l’attenzione su una sola potenziale causa della malattia. Quello che infatti oggi abbiamo capito sull’Alzheimer è che non c’è un singolo responsabile.»
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)