Il reato di truffa è regolato dall’art. 643 del codice penale che prevede la reclusione da 2 a 6 anni e multe da 206,58 a 2056,83 euro. Condizioni necessarie per la sussistenza del reato di truffa sono l’esistenza di una “infermità” o “deficienza psichica” della vittima, che deve essere conosciuta da chi delinque, il quale, a sua volta deve abusare di queste condizioni di vulnerabilità attraverso attività di induzione a compiere atti con effetti giuridici dannosi.
Negli ultimi anni le truffe agli anziani si sono moltiplicate e il fenomeno viene amplificato da due fattori: l’incremento, in questa fascia di popolazione, di forme patologiche in senso ampio riconducibili all’area della demenza (compreso l’Alzheimer) e la crisi economica che, in casi di povertà economica estrema, facilita la delinquenza. L’anziano è vittima privilegiata di questo reato per la sua vulnerabilità specifica che lo espone al rischio di subire suggestioni, pressioni ambientali, influenze esterne.
Il reato si colloca in quella zona d’ombra nella quale vi è un atto, apparentemente esente da vizi, ma in cui si ritiene che la volontà espressa (deficitaria per l’esistenza di infermità) sia stata in qualche modo influenzata da qualcuno che, resosi conto (qui si configura l’abuso) della particolare vulnerabilità della vittima, ne abbia approfittato attraverso un’attività induttiva esterna.
In merito a ciò, si è appena concluso in Commissione Giustizia al Senato l’esame del ddl 980 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale e altre misure in materia di circonvenzione di persone anziane), che prevede una modifica dell’attuale testo dell’art. 643 c.p. applicabile a chi abusa della condizione di debolezza o di vulnerabilità dovuta all’età di una persona, inducendo un anziano a compiere un atto “che importi qualsiasi effetto giuridico per lui o per altri dannoso”. La relazione illustrativa del ddl considera che queste condizioni di debolezza e vulnerabilità debbano essere definite “tipiche di una persona anziana, senza legare tale stato a un’età precisa". Uno specifico emendamento prevede, inoltre, che la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena sia subordinato al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa; ciò anche in caso di condanna per il reato di circonvenzione di incapace (inclusa, quindi, l’ipotesi di truffa a danno di anziani).
Nella direzione di combattere e prevenire le truffe agli anziani, incentivando loro comportamenti di autoprotezione in stretto raccordo con le forze dell’ordine, va una recentissima direttiva (21 maggio 2019) del Viminale. Con tale provvedimento il Ministero dell’Interno, attraverso il Fondo Unico Giustizia, ha messo a disposizione la somma di 2 milioni di euro. La direttiva riguarda tutti i capoluoghi di Regione e distribuirà i fondi in base alla popolazione anziana residente alla data del primo gennaio 2018. A ciò si aggiunga che è prevista una quota identica per tutti i Comuni, pari a 20.000 euro.
Come si è detto, la fattispecie "circonvenzione di incapace" è la più tipicamente applicata nei casi di ridotta capacità psichica (demenze, Alzheimer). Secondo la giurisprudenza non è necessario che il soggetto passivo del reato di truffa sia privo in modo totale della capacità di intendere e di volere, ma è sufficiente che lo stesso versi in uno stato di minorazione della sfera intellettiva e volitiva tale da privarlo di quel normale discernimento e potere critico e volitivo che lo inducono a compiere atti che una persona di media capacità non sarebbe indotta a compiere.
Il reato di circonvenzione di incapace può essere configurato in quanto si dimostri l’instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente; quello in cui l’agente può manipolare la volontà della vittima che si trova, per determinate situazioni da verificare caso per caso, in una minorata situazione e, quindi, incapace di opporre alcuna resistenza a causa della mancanza o diminuita capacità critica oggettiva e riconoscibile da parte di tutti in modo che, chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti. In questo senso vanno le più recenti sentenze della Corte di Cassazione (SEZ. II PENALE - SENTENZA 7 maggio 2018, n.19739/18; 28 gennaio 2019, n. 4145).