Lo studio dell’interazione fra microbiota intestinale, sistema immunitario e sviluppo di tumore permetterà di individuare precocemente e curare più efficacemente il tumore al colon-retto, ancora oggi la terza causa di morte prematura per cancro. Ne sono convinti i ricercatori dell’Unità Microbioma e Immunità antitumorale, guidata da Luigi Nezi, presso il Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia, che hanno dato il via al progetto di ricerca MITICO (Microbiota Immune system Tumor Interaction in Colorectal Oncology,) che coinvolgerà 240 pazienti in 5 anni.
“I dati oggi disponibili suggeriscono che nell’interazione fra microbioma, cioè l’ecosistema microbico intestinale, e sistema immunitario c’è la chiave per trovare nuovi biomarcatori della comparsa (diagnosi) e dello sviluppo (prognosi) del tumore del colon-retto – spiega Nezi – Il rischio che un tumore possa ripresentarsi dopo la chirurgia, ed eventualmente dopo la terapia, aumenta con lo stadio al quale viene individuato. La recidiva è dovuta in parte alla capacità di adattamento del tumore ed in parte alla difficoltà del sistema immunitario di controllarne la crescita".
“Altro aspetto interessante è che il microbiota è influenzato da fattori esterni come stress, umore, dieta – continua Nezi – e dunque è ipotizzabile poterlo modulare agendo sullo stile di vita. Per questo il nostro studio, integra la raccolta di campioni biologici con dati sulle abitudini alimentari e sullo stile di vita dei pazienti. avvalendosi del contributo di esperte IEO come Sara Gandini e Patrizia Gnagnarella, della Divisione di Epidemiologia e Biostatistica, e Gabriella Pravettoni, Direttore della Psiconcologia. Finora abbiamo condotto due studi pilota su un totale di circa 50 pazienti i quali, oltre a consentirci di ottimizzare la logistica e le procedure sperimentali, hanno svelato nuovi particolari sia sul microbioma associato al tessuto tumorale che sulle cellule del sistema immunitario che lo infiltrano. Ora stiano cercando di capire come le due cose siano collegate l’una all’altra e quale sia la loro correlazione con la comparsa di recidive nei pazienti che hanno aderito al nostro studio”.
(Fonte: tratto dall'articolo)