Una delle ipotesi che da più parti viene ancora invocata è una progressiva, attenta apertura post lockdown a tutta la popolazione tranne che agli anziani. Premesso che la scienza medica in generale e in particolare la cultura geriatrica hanno chiaramente documentato che l’età biologica è molto più importante dell’età anagrafica, appare oltremodo inopportuno stabilire a priori limiti di età definiti.
Per le principali società italiane di gerontologia e geriatria, in base a semplici valutazioni clinico-epidemiologiche, si dovrebbe cominciare a parlare di età geriatrica dai 75 anni in poi. A tale riguardo, un recente rapporto Eurostat documenta come, in Europa, gli ottantenni abbiano un’aspettativa di vita di circa 9 anni (persino maggiore in Italia).
Gli anziani non sono tutti uguali ed è indispensabile distinguere tra anziani “fragili” ed anziani “robusti”. Questi ultimi, che sono la maggioranza, altrimenti non avremmo una tale aspettativa di vita media a 80 anni, hanno gli stessi rischi e le stesse opportunità degli adulti. Non si vede perciò perché si dovrebbe limitarne le possibilità di movimento rispetto ai più giovani.
Il modo più semplice di definire la fragilità è rappresentato dalla velocità del cammino: possiamo definire potenzialmente “fragile” chi non è in grado di percorrere 4 metri in meno di 5 secondi. Tutto ciò ci suggerisce di guardare al problema con un approccio scientifico e, sotto questo profilo, le raccomandazioni degli esperti consigliano, per rallentare la fragilità, di seguire uno stile di vita imperniato su una dieta equilibrata associata ad una regolare attività fisica.
E' del tutto evidente che costringere gli anziani a rimanere in casa, riducendo ulteriormente in modo grave l’attività fisica all’aperto, non sia una strategia protettiva vincente.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)