I dati Eurostat al 2015 ci dicono che il 77,2% della spesa sociale italiana è per chi ha più di 65 anni; le pensioni di vecchiaia ne assorbono il 64,3% (10 punti in più della Francia e 16 più della Germania), mentre il 12,9% è riservato a quelle di reversibilità. Riguardo a queste ultime, il nostro Paese è quello che paga più di tutti sia rispetto al PIL (il 2,8%), che al totale della spesa pubblica (il 5,5%). Nel caso della spesa pubblica doppiamo la Francia, addirittura. In Italia non vi è un limite superiore per godere della pensione di reversibilità, anche un milionario può goderne, quindi. In Francia non si ha diritto ad alcuna pensione di reversibilità se il reddito del vedovo/a supera i 20.223,60 €; in Germania, il beneficiario deve dedurre dall’assegno percepito il 40% del proprio reddito che superi i 771€, con la possibilità dunque di ridurre la somma a zero. Le spese per il sociale, in Italia, sono sbilanciate verso la terza età. Ne abbiamo una ulteriore conferma dalla divisione della spesa sociale per capitoli: è un trionfo di voci che riguardano le pensioni. Solo il 3% della spesa totale è dedicato a politiche per la famiglie e i minori, contro l’8,3% della Danimarca o il 6,6% dell’Irlanda. O il 4,4% della Francia. Sempre in Italia, solo il 2,4% va alle politiche per la disoccupazione. È il 4% in Germania, ben il 4,6% in Spagna, fino al 6,3% dell’Irlanda. Quest’ultima destina meno del 32% della spesa sociale alle pensioni di vecchiaia. Non si investe sui giovani e i bassissimi tassi di fertilità italiani ne sono la conseguenza più evidente.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)