Cervello. Si moltiplicano gli studi per prevenire gli effetti della malattia. Molti i test spesso deludenti. Ma L'ultimo è incoraggiante. Oggi la terapia dell'Azheimer è sintomatica, può migliorare lo stato cognitivo, comportamentale e motorio, ma non può incidere sul decorso. L'accumulo di beta-amiloide, la proteina killer, inizia 30 anni prima dei sintomi e ci sarebbero anche i mezzi per una diagnosi preclinica, la difficoltà è trovare una terapia efficace, che, per ora sembra essere immunologica (terapie anti-beta amiloide) e, secondo gli esperti, andrebbe somministrata nel periodo preclinico della malattia, quando i marcatori preclinici (PET con traccianti e dosaggio della beta amiloide nel liquor) diventano positivi in soggetti che hanno familiarità per la malattia e la variante epsilon 4 dell’Apoliproteina E.
La conferma di questa ipotesi si avrà dal risultato di due sperimentazioni iniziate negli Stati Uniti su soggetti giovani, che presentano la mutazione di un gene, la Presenilina 1, che ha causato la malattia nei loro parenti con esordio intorno ai 50 anni. I soggetti giovani sanno che invariabilmente svilupperanno la malattia e hanno acconsentito a partecipare allo studio, che si basa sulla terapia immunologica, iniziata quando i marcatori sono diventati positivi.
Se la terapia immunologica sarà in grado di rallentare la progressione del processo patologico, ci sarà un ritardo dell’esordio clinico. Si calcola che un posticipo di 5 anni dimezzerebbe il numero dei pazienti. (Fonte: tratto dall'articolo)