Il Servizio sanitario nazionale assicura la longevità degli italiani, ma non l’equità sociale e territoriale. Lo denuncia l’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, nato da un progetto dell’Università Cattolica di Roma, con un focus dedicato alle disuguaglianze di salute in Italia. Il Servizio sanitario nazionale, oltre che tutelare la salute, ha l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Il focus appena diffuso, evidenzia troppe e troppo marcate le differenze regionali e sociali, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita sia per la presenza di malattie croniche. Per citare solo i dati più eclatanti: in Campania, nel 2017, gli uomini vivono mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; nella Provincia Autonoma di Trento 81,6 gli uomini e 86,3 anni le donne. In generale, la maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord-est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nelle regioni del Mezzogiorno, nelle quali si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne. Le province meno longeve sono Napoli e Caserta (- 2 anni della media nazionale); quelle più longeve Firenze (+ 1,3 anni rispetto alla media nazionale), Monza e Treviso (+ 1 anno circa). Le condizioni di salute legate alla presenza di cronicità fanno emergere forti differenze sociali, aumentano con l’età e sono legate al livello di istruzione: nella classe 45-64 anni, è interessato il 23,2% delle persone con la licenza elementare e l’11,5% tra i laureati. La difficoltà di accesso alle cure sanitarie è un problema particolarmente grave perché influisce sulla possibilità di prevenire le malattie. Nella classe di età 45-64 anni le rinunce ad almeno una prestazione sanitaria è pari al 12% tra coloro che hanno completato la scuole dell’obbligo e al 7% tra i laureati. La rinuncia per motivi economici tra le persone poco istruite è pari al 69%, mentre, tra i laureati, si ferma al 34%.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)