Sono 8 milioni oggi in Italia i caregiver, persone che si occupano di familiari non autosufficienti e spesso lo fanno in parallelo con il proprio lavoro principale. Uno studio realizzato da Jointly e dall’Università Cattolica di Milano, su un campione di 30mila lavoratori di aziende medio grandi, ha rilevato che un addetto su tre è caregiver. Situazione che andrà a peggiorando, arrivando al picco di invecchiamento che in Italia è atteso nel 2045-2050.
Nelle aziende cresce la fascia di lavoratori senior chiamata sandwich generation, schiacciati tra il lavoro di cura dei figli e quello dei familiari anziani o non autosufficienti. Con l’aumento delle aspettative di vita, ogni lavoratore conoscerà un periodo, più o meno lungo, in cui dovrà prendersi cura dei familiari.
Tra i caregiver, il 77% dichiara che l’assistenza a un familiare diventa praticamente un secondo lavoro, e uno su quattro deve gestire contemporaneamente anche figli piccoli o adolescenti. Per questo le politiche aziendali oggi devono confrontarsi sempre più con i caregiver (uomini nel 61% dei casi e donne nel 39%).
Infatti anche se di solito è la componente femminile che prende il carico di cura, la ricerca ha rilevato un’incidenza più importante di uomini che si attivano per assolvere le necessità di cura del familiare. L’impatto di tutti questi fattori si traduce in assenteismo, visto che in media, chi beneficia della legge 104 si assenta 15 giorni in più all’anno.
Ci sono conseguenze anche per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro che viene almeno valutata nel 15% dei casi e il rischio di burnout legato a stress, preoccupazione e fatica emotiva. Le aziende più grandi si sono attivate per sostenere i dipendenti caregiver, anche per offrire servizi come la ricerca di un assistente familiare, strutture residenziali, informazioni su aiuti economici e servizi, supporto psicologico, amministrativo e legale perché, spesso, non sono note a chi ha un familiare non autosufficiente.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)