Prima della diffusione della pandemia da Covid-19, l’acronimo Rsa era noto prevalentemente agli addetti ai lavori e alle famiglie che si sono trovate nella condizione di affidare un proprio congiunto alle cure professionali che queste strutture sono in grado di offrire.
A partire dalla metà di marzo, quando l’attenzione mediatica si è concentrata sulla diffusione del contagio all’interno di queste unità, il termine Rsa è diventato di uso comune, entrando prepotentemente nel dibattito pubblico.
Per contro, in moltissimi casi siamo di fronte a una conoscenza superficiale del “fenomeno Rsa”, che ancora si traduce in conclusioni e orientamenti non ancorati alla complessa realtà che da anni caratterizza l’evoluzione di queste unità di offerta e, più in generale, dei servizi di long-term care, siano essi a valenza residenziale, semi-residenziale o domiciliare.
Un elemento centrale su cui manca ancora una piena e comune consapevolezza riguarda certamente la profilazione degli utenti delle Rsa, al punto che molte delle sfide che questi servizi si trovavano a fronteggiare in epoca “pre Covid”, riguardavano proprio l’irreversibile processo di trasformazione della domanda di riferimento.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)