Se Hollywood considerasse l'assistenza agli anziani come parte delle sue nuove politiche di inclusione, il documentario della cilena Maite Alberdi, l’Agente Talpa, centrato su un ottuagenario infiltrato in una casa di cura vincerebbe l'Oscar nella sua categoria. L'intenzione iniziale di Alberdi era di realizzare "un film di spionaggio”. Così ha iniziato a indagare presso agenzie investigative private nel suo paese. E lì ha trovato Rómulo Aitken, che lavoravo su commissione da infiltrato sotto copertura. A quel tempo, Aitken si stava preparando a infiltrarsi in una casa di cura per anziani per vedere se la madre del suo cliente veniva maltrattata dai responsabili del centro, come si temeva. La regista ha deciso di filmare tutto: dal difficile casting organizzato da Rómulo per scegliere la persona giusta fino a quando il prescelto, che si sarebbe rivelato essere il bravo Sergio Chamy, 83 anni, ha terminato il suo lavoro all'interno della residenza.

Ma la Alberdi non aveva fatto i conti con la personalità di Sergio. “Con Sergio, spiega, quello che doveva essere un film di spionaggio ha lasciato il posto a un documentario sul suo viaggio durante la permanenza nella residenza: su ciò che vede e vive con gli altri anziani. E alla fine il film si è trasformato in un lavoro di osservazione su una rilevante questione sociologica”. Il documentario, realizzato prima della pandemia, è stato presentato in Spagna nel pieno della crisi Covid mentre i dolorosi ricordi della tragedia nelle case di cura sono ancora vivi nelle menti di tutti.

“Oggi abbiamo allungato l’aspettativa di vita, ma questo non basta a garantire il desiderio di vivere. Le condizioni scientifiche sono migliorate ma dal punto di vista sociale c’è ancora molto da lavorare”, afferma la regista. "Non è facile vivere bene la terza età perché non abbiamo mai imparato a pensare a ciò che vogliamo essere in vecchiaia, dal momento che ci viene insegnato solo a pianificare la vita adulta e così blocchiamo il ciclo vitale successivo", conclude.