Da qualche tempo numerosi produttori di arredamento hanno adottato soluzioni che facilitano chi ha piccole o grandi difficoltà motorie, anziani e persone con disabilità. Grandi brand hanno inserito nei loro cataloghi soluzioni ad ho, che hanno trovato spazio anche nei progetti per il grande pubblico, come il meccanismo che consente di «abbassare» i pensili per renderli utilizzabili. Spazio quindi a cestelli «saliscendi», a personalizzazioni dell’altezza del piano di lavoro, degli elettrodomestici, dei pensili, della posizione delle maniglie. Piccole soluzioni introdotte nel tempo e che non coprono l’intero mercato. Per disabili e anziani infatti c’è spesso una scelta obbligata: pochi prodotti che interpretano in modo univoco le loro esigenze. «Un’offerta più vicina a queste persone, deve poter consentire una maggiore personalizzazione — spiega Francesco Zurlo, professore di industrial design al Politecnico di Milano. Le buone pratiche più recenti sono orientate a coinvolgere l’anziano o il disabile fin dall’ideazione di un nuovo prodotto a lui destinato a lui, anche nel mondo dell’arredamento. «È in questi casi che il designer svolge il ruolo del facilitatore di storie, attivando “conversazioni” che possano consentire, insieme, di trovare le soluzioni più efficaci, personalizzabili e meno stigmatizzanti — prosegue Zurlo —. Una lezione che le aziende alla ricerca di nuove proposte di valore da associare ai propri prodotti e servizi, hanno capito». Le imprese si attrezzano per «ingaggiare» il consumatore fin dall’ideazione di un nuovo oggetto o realizzano soluzioni che abilitano «piattaforme» personalizzabili secondo i propri gusti ed esigenze.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)