Il 54esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, descrive il sistema-Italia: "una ruota quadrata che non gira".
«Il nostro modello individualista è stato il migliore alleato del virus», scrive il Censis, in questo anno “della paura nera”. È questa l’etichetta che sceglie, dettata dal 73,4% degli italiani che indica, nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente, il sentimento prevalente del momento. Un’Italia spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza, che ha visto «una relazionalità amputata e un crollo verticale del “Pil della socialità”». Lo Stato è il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo, tanto che il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni alla mobilità personale. Il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni.
Per l’85,8% degli italiani la crisi sanitaria ha confermato che la vera divisione sociale è tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no, con circa 5 milioni di persone che vivevano dei lavoretti nei servizi e del lavoro nero che hanno finito per inabissarsi senza fare rumore. Solo l’11,2% degli oltre 2.800 dirigenti scolastici intervistati dal Censis ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Nel 18% degli istituti, ad aprile, mancava all’appello più del 10% degli studenti. Il 53,6% dei presidi sostiene che con la didattica a distanza non si riesce a coinvolgere pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali. Il 37,4% teme di non poter realizzare progetti per il contrasto alla povertà educativa e per la prevenzione della dispersione scolastica. Il capitolo dedicato al sistema di welfare, mette in evidenza l’inverno demografico che sta progressivamente rimpicciolendo il Paese, il fatto che, durante l’emergenza sanitaria, 16 milioni di pensionati hanno svolto il ruolo di «silver welfare» a supporto di figli e nipoti, facendo scoprire il valore sociale ed economico delle pensioni e il ritorno di una idea di malattia che fa paura, rovesciando quella rappresentazione rassicurante che si era imposta di pari passo con l’invecchiamento della popolazione e con la cronicizzazione delle patologie.
Infine, «Nel post Covid-19, diventa prioritario attivare reti integrate di assistenza, per affiancare le famiglie troppo spesso lasciate sole nell’assistenza di malati cronici o non autosufficienti. La soluzione, passa attraverso la figura dell’infermiere di comunità o di famiglia. Ben il 91,4% degli italiani la ritiene la soluzione migliore per l’assistenza e la cura di persone bisognose di terapie domiciliari e riabilitative».
(Fonte: tratto dall'articolo)