Se nel 1950 figuravano quattro Paesi europei tra i dieci più popolati al mondo (Russia, Germania, Regno Unito, Italia) con Francia all’undicesimo posto, oggi il Paese dell’Unione europea con posizione più elevata è la Germania, che si trova in diciannovesima posizione. La Russia, attualmente al nono posto, è destinata a scendere al quattordicesimo prima della metà di questo secolo. Opposte sono, invece, le dinamiche di molti Paesi africani. La Nigeria, in particolare, dalla quindicesima posizione nel 1950 è salita alla settima ed è prevista raggiungere il terzo posto entro il 2050, superando gli Stati Uniti d’America e posizionandosi subito dopo Cina e India.
Un riscontro interessante viene del medagliere dei giochi olimpici di Tokyo. Nessun Paese membro dell’Unione Europea è nelle prime cinque posizioni. Presentandosi, invece, in modo compatto – pur tenendo conto del minor numero di atleti rispetto alla somma dei singoli Stati – avrebbe le potenzialità per raggiungere la posizione più elevata.
I diversi ritmi di crescita sul territorio interagiscono, inoltre, con l’evoluzione differenziata nelle varie fasce d’età. L’età ha un ruolo cruciale sull’organizzazione sociale e nello sviluppo economico. Se a parità di tutti gli altri fattori in un Paese ci fossero solo giovani (under 25) e in un altro solo anziani (over 75), osserveremmo in tali due contesti problemi analoghi nel produrre ricchezza, ma modi e condizioni di vita ben diversi. Rimane, in ogni caso, il fatto che il tempo agisce a favore del primo di tali due Paesi.
L’Europa somiglia sempre più al secondo: gli over 75 da 15 milioni del 1950 sono oggi circa 65 milioni e sono previsti, anche tenendo conto dell’impatto della pandemia, superare i 100 milioni prima della metà del secolo. Viceversa, gli under 25 si sono ridotti ancor più rispetto alla popolazione totale. Il loro declino è iniziato già a partire dagli anni Settanta del Novecento: erano 270 milioni circa (oltre il 40% della popolazione del continente), mentre sono oggi meno di 200 milioni (pari al 26%). Alla fine di questo secolo saranno poco più di 150 milioni e rispetto alla popolazione giovane mondiale (la next generation) avranno un peso inferiore al 5 per cento. Viceversa, gli under 25 africani sono oggi quattro volte i coetanei europei e rappresentano il 25% dei coetanei di tutto il mondo.
La pandemia rischia di peggiorare ulteriormente gli squilibri demografici del Vecchio continente per l’impatto sulle dinamiche della natalità, che già risultavano più negative delle attese negli anni precedenti la crisi sanitaria. Sempre secondo le previsioni delle Nazioni Unite, il numero medio di figli per donna in Europa avrebbe dovuto mantenersi sopra 1,6 per poi salire a 1,7 nel 2040. Il valore dell’Unione è stato invece pari a 1,53 nel 2019. Rimanere così sotto la soglia di equilibrio generazionale (come noto attorno a 2) significa non solo accentuare il declino demografico, ma alimentare squilibri destinati a diventare sempre più profondi.
(Sintesi redatta da: Linda Russo)