Sul New York Times la scrittrice irlandese Megan Nolan si domanda il perché dobbiamo essere tutti belli, concludendo: «Adesso per la prima volta sto cercando di capire che non devo esserlo. Ho cercato di volermi bene mano a mano che sono invecchiata». Ma questa forma di liberazione dagli stereotipi della bellezza man mano che avanza l’età non capita sempre. Ad esempio Greta Garbo si ritirò dal set quando iniziarono i primi segni di invecchiamento, odiandosi invece di amarsi per i cambiamenti del tempo. Il mondo del cinema è stato forse il più crudele verso la bellezza che invecchia, infatti furono tante le divine relegate in un angolo alla comparsa delle prime rughe. Oggi, scrive il Guardian, in fondo, «To age is to fail», invecchiare è uguale a fallire, perché l’importante è non invecchiare mai. La Garbo era disposta a tornare sulle scene solo per interpretare «Il ritratto di Dorian Gray», il simbolo della rincorsa dell’eterna bellezza, ma non se ne fece nulla. Anche la protagonista de “Il fuoco” di D’Annunzio si ritira appena inizia a sfiorire per poter rimanere perfetta nella memoria di chi l’ha conosciuta. Al contrario c’è chi accetta di vivere senza complessi ed assapora la serenità di una bellezza naturale che apparentemente non invecchia, come la cantante Gigliola Cinquetti. Nel libro La donna che non invecchiava più la protagonista Betty riesce a rimanere sempre giovane, ma paga questo apparente dono con l’infelicità, perché il figlio non la riconosce più come madre, e non riesce più a dialogare neanche col marito che invecchia. Nel mondo della pubblicità il termine anti ageing è diventato fuori moda, trasformato in pro skin o anti wrinkles, anti rughe. Non si parla più di invecchiamento, ma si continua a far riferimento a «qualsiasi segno visibile dell’età come a qualcosa di disgustoso in una donna, sia che si tratti di una ruga o del grigiore risultato dall’aver vissuto».
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)