Lea, Adrian e Theo parigini, vengono condotti in vacanza per due mesi nella campagna provenzale dalla nonna Irène. Lì vive anche Paul, il nonno olivicoltore, che non hanno mai conosciuto, per via di una vecchia rottura famigliare. Una casa in mezzo al nulla, senza illuminazione notturna, dove si cucina a base di aglio e non si guarda la televisione ma "è lei che guarda noi" - come sentenzia il burbero Paul - non è esattamente quello che Léa e Adrien sognavano per l'estate, ma il luogo, e i suoi abitanti, sapranno sorprenderli.
In verità, non è la sorpresa l'arma segreta di questo film: ciò che accadrà è prevedibile, quasi non c'è progressione drammatica e nell'unica improvvisata interna al racconto, ovvero l'arrivo in sella alle loro Triumph dei vecchi compagni di viaggio di Paul e Irène, la regia è così lenta che zittisce qualsiasi moto di stupore.
Eppure, in questa mancata corsa al crescendo, c'è anche un sapore di autenticità, una strizzata d'occhio alla pigrizia dell'estate in campagna e una sottile, gradita, resistenza al destino che si compirà, alla risoluzione di un conflitto lungo quasi vent'anni, che non può avvenire di corsa.
Si muove così, tra ingenuità e finezze, il terzo film di Rose Bosch: la sequenza in Camargue, con i giovani amanti in fuga su un cavallo selvaggio, sembra rubata ad un video turistico di YouTube, musica compresa, ma quando è Jean Reno a lanciarsi al loro inseguimento, è tutta un'altra cosa. E ancora: c'è troppa canzone, e spudorata - The Sound of Silence a commentare la sordità del piccolo Théo, Forever Young intonata da chi non lo è più - ma c'è anche un finale che sceglie perfettamente di sfumare il suono delle parole e lasciar parlare il momento cinematografico, il più piccolo, sordomuto.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)