Un Veneto che cammina appoggiandosi a un bastone. La foto appena scattata dall’Istat segnala una regione con gli acciacchi dell’anagrafe: sempre più vecchi e più longevi, sempre meno bambini che nascono.
Con una proiezione inquietante, e con ricadute rischiose. Perché la demografia non è come lo spread, che fluttua ogni giorno.
Ha percorsi di lunga durata dunque prevedibili, e obbedisce a leggi di natura: ci vogliono pur sempre nove mesi per far venire alla luce un neonato; ci vogliono almeno 16 anni per entrare nel mondo del lavoro; i progressi della scienza allungano le aspettative di vita. Sulla base di questi parametri, il Veneto rischia un declino funesto. I dati Istat segnalano un trend di ormai lungo periodo, non un calo episodico.
È dal 2015 che la popolazione diminuisce: oggi non arriva a 4, 9 milioni di abitanti, annullando il forte recupero che si era verificato tra il 2000 e il 2011. La fascia degli ultrasessantacinquenni è ormai un quarto del totale: 1, 1 milioni di persone, in costante aumento dai primi anni Duemila, e anche rispetto al 2019, malgrado i decessi da Covid abbiano inciso soprattutto sugli anziani. Quella compresa tra gli zero e i 14 anni conta 630mila unità, in costante calo da una decina d’anni, quando superava le 700mila. Questo gap incide sulla popolazione in età lavorativa: oggi ci sono 179 anziani con più di 65 anni ogni 100 giovani con meno di 14, e 57 individui a carico di ogni 100 che lavorano. Entrambi sono dati in crescita costante dai primi anni Duemila. Infine, l’indice di natalità è al di sotto di 7 bimbi ogni mille abitanti, il più alto di sempre, e quello di mortalità è di 10 per mille, stabile ormai dal 2015. I numeri bastano e avanzano per imporre una politica dallo sguardo lungo, sostenuta da una vasta coesione sociale, per bloccare e invertire un declino economico e sociale di devastante portata. Servono misure radicali per un Veneto sempre più vecchio: all’interno della terza età ci sono due comparti, anziani e grandi anziani, inclusi non pochi centenari.
E non basta allungare la vita, è fondamentale lavorare sulla sua qualità.
Tutto questo comporta norme e finanziamenti adeguati sul piano della sanità, dell’assistenza, della medicina del territorio, dei servizi di supporto a partire dall’accudimento e dall’accompagnamento. Per riuscirci occorre rivedere dalle fondamenta il sistema di welfare: le risorse non sono poche, è che sono mal spese. Sull’altro lato della piramide, serve una politica che incentivi le nascite. Anche qui, non è tanto questione di soldi, quanto di servizi per la famiglia, in Italia di gran lunga carenti, e inferiori a quelli dei Paesi europei più avanzati. Infine, i giovani: anche qui si impone una revisione drastica della formazione e dell’inserimento nel mondo del lavoro.
(Sintesi redatta da: Mayer Evelina)