È stata impiantata per la prima volta in Italia ad un 70enne non vedente una retina artificiale di ultima generazione. L’intervento, effettuato dal professor Stanislao Rizzo, direttore della UOC Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Ordinario di Clinica Oculistica all’Università Cattolica campus di Roma, è durato appena due ore. Al risveglio il paziente, affetto da una grave forma di retinite pigmentosa che aveva causato la perdita della vista, era già in grado di percepire la luce.
Il professor Rizzo è stato un pioniere negli impianti di retina artificiale: nel 2011 fu infatti il primo a impiegare l’Argus, la prima protesi retinica utilizzata in un paziente non vedente.
“La retina artificiale per ora è indicata solo per pazienti affetti da retinite pigmentosa (patologia che colpisce circa 150mila italiani) negli stadi più avanzati di malattia, cioè persone che hanno perso completamente la vista da entrambi gli occhi, una condizione che interessa circa 1.000-1.500 italiani. I criteri di selezione per entrare in questo trial sperimentale sono per ora molto severi e restrittivi”, ha spiegato Rizzo.
L’impianto di questo device ripristina una parte della funzionalità retinica, ma non restituisce la vista. Il paziente può tornare a "vedere" la luce immediatamente dopo l’impianto ma in genere il programma di riabilitazione viene avviato dopo un paio di settimane dall’intervento. Questo prevede una serie di esercizi da somministrare al paziente che reimpara a vedere attraverso questa sorta di occhio bionico; viene inoltre effettuato il fine-tuning della stimolazione degli elettrodi per ottenere una visione migliore possibile.
“Per questo tipo di impianti – ha spiegato il professor Rizzo – è fondamentale un’accurata selezione del paziente candidato, che viene inquadrato attraverso una serie di colloqui psicologici; questo serve a valutare sia le sue potenzialità di proseguire lungo un percorso riabilitativo che lo impegnerà a lungo, sia le sue aspettative. Perché questo impianto non va a restituire una visione normale ma una visione artificiale, "bionica". Il paziente deve essere preparato al fatto che quello che vedrà è una ricostruzione attraverso dei ‘fosfeni’, dei lampi di luce, che vanno a comporre un’immagine pixelata. La visione d’insieme viene ottenuta dal lavoro dei 576 elettrodi presenti nel device, i cui parametri vanno tutti configurati con tanta pazienza, attraverso una speciale applicazione”.
(Fonte: tratto dall'articolo)