“L’atteggiamento verso la demenza” è il titolo del nuovo Rapporto internazionale presentato nel nostro Paese dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della ricorrenza del 21 settembre (XXVI Giornata Mondiale Alzheimer). Contiene dati allarmanti che anche in Italia sono l’unità di misura dello stigma e della sfida che è in atto per combattere la malattia.

L’analisi dei dati, effettuata dalla London School of Economics and Political Science (LSE), rivela una disinformazione diffusa sul tema della demenza. Gli intervistati (persone con demenza, carer, personale medico e pubblico in generale) sono stati 70.000 in 155 Paesi in tutto il mondo, e il sondaggio è stato tradotto in 30 lingue. Il dato più preoccupante è che due terzi degli intervistati pensa ancora che la demenza sia conseguenza del normale invecchiamento.

In Italia, la stima attuale delle persone con demenza è di 1.241.000 casi diagnosticati; nel mondo ce ne sono circa 50 milioni e fra 30 anni dovrebbero triplicare.

Dal Rapporto emerge che  il timore di soffrire di demenza è diffuso a livello globale: il 95% dei partecipanti ritiene che potrebbe sviluppare una demenza nel corso della sua vita e più di due terzi del campione intervistato (69,3%) si sottoporrebbe a un test genetico per conoscere il loro rischio di sviluppare la malattia.

Tuttavia la patologia è ancora poco conosciuta e sono presenti pesanti barriere  alla ricerca di aiuto, consigli e assistenza. Il 48% degli intervistati è convinto che la memoria di una persona con demenza non migliorerà mai, neppure con interventi medici; mentre 1 su 4 pensa che non si possa fare nulla per prevenire la demenza.

Dal Rapporto emerge inoltre come circa il 50% delle persone con demenza intervistate si sente ignorata dal personale sanitario (medici e infermieri), mentre il 33% degli intervistati pensa che, se soffrisse di demenza, il personale medico non gli darebbe ascolto.